Together between living & Playing – Biennale Architettura

Together between living & Playing – Biennale Architettura

di Mario Cusmai

 

“Il gioco è una prova per la vita, giocare insieme per vivere insieme. I ragazzi sono i migliori artisti del
mondo” (Hashim Sarkis, curatore Biennale Architettura)

“il mondo è un circuito aperto del quale fate parte anche voi, dovunque, continuamente”
(Padiglione Danimarca)

“Quando parliamo siamo la natura che parla,
quando pensiamo siamo la natura che pensa,
quando sottomettiamo la natura, ecco che noi siamo
la natura che sottomette qualcosa in se stessa”
(Josefine Klougart, Connectdness – An Incomplete Encyclopedia of the Anthropocene, 2020)

Insieme: questa è la formula magica, come cantava Mina, per effettuare l’ingresso nel viaggio dalle
sfumature palindrome, sospeso tra presente e futuro, che ci propone l’architetto libanese Hakim
Sarkis, curatore della Biennale Architettura.

In questo contesto l’architettura si configura attraverso una progettualità transdisciplinare per
collegare spazi e relazioni, in una ‘struttura che connette’ intesa in senso batesoniano.

“Gli esseri umani, racconta la storia, si sono riuniti nelle città in cerca di sicurezza, ma poi vi sono rimasti per
la comunità. Questo senso di comunità si sta erodendo di fronte al crescente individualismo, che a sua volta
porta a un ulteriore isolamento, ma nuove forme di interazione tra individui e tra individui e altre specie
stanno compensando parte di questa solitudine. Internet, l’intelligenza artificiale, i robot e le realtà
alternative complicano ulteriormente questo quadro, trasformando gli strumenti per comunicare in esseri
che dialogano. Continuiamo a inventare modi diversi di connetterci gli uni agli altri, ma più tecnologie e
media introduciamo, più desideriamo gli spazi interpersonali personali offerti dall’architettura. Tuttavia,
questi due tipi di spazialità non si escludono a vicenda. Il digitale e il fisico sono sempre più intrecciati [per
generare] protesi di empatia” (Among Diverse Beings, Arsenale)

Comunità non solo per esistere, ma prosperare, fiorire, abitare ed esprimere la vita; per sancire il
passaggio dal solipsistico io (me), all’’omnipsistico’ noi (we).

Comunità di gioco, per utilizzare l’espressione di Bernard De Koven, perché gioco è vita:

“Lunica vera garanzia che abbiamo sta nella comunità delle persone con cui giochiamo […]
l’energia non sta nel gioco ma nel giocare con le persone”
Bernie De Koven

E il gioco diventa una componente significativa della Biennale, non solo per la costola progettuale della manifestazione realizzata a Forte Marghera, in cui forme e materiali differenti invitano a giocare, arrampicarsi, nascondersi ed esplorare, ma anche grazie ai diversi spunti disseminati negli spazi allestiti tra l’Arsenale e i Giardini.

Come Shapes and Ladders, un videogioco che mostra come sul posto di lavoro possano esistere sessismo e razzismo sistemici. L’esperienza di gaming è progettata per consentire ai giocatori di coltivare l’empatia attraverso una simulazione in prima persona della disuguaglianza strutturale.

Con queste premesse, il progetto si pone l’ambizioso obiettivo di sollecitare i giocatori a innescare un cambiamento nella vita reale.

Oppure, il TUMO Center for Creative Technologies che  affronta l’architettura della “pedagogia dell’allontanamento” e il futuro dell’apprendimento. In particolare, esplora degli ambienti fisici in cui gli adolescenti sono parte di una comunità di coetanei fortemente inclusiva e in evoluzione, in cui imparano ad apprendere, vivere e lavorare insieme.

I progetti integrati per gli interni e l’arredamento includono postazioni di lavoro mobili e galleggianti, “cordoni ombelicali” plug-and-play, spazi con gradinate a forma libera e learning boxes.

Ma quello che mi ha colpito e affondato, come se stessi giocando una sorta di battaglia navale emotiva, è l’esperienza dei Playscapes of Exile. I campi profughi siriani hanno cominciato a comparire con l’inizio della guerra in Siria nel 2011, e sono costituiti da insediamenti temporanei e informali piuttosto che da strutture costruite. Gli spazi pubblici all’interno dei campi sono vissuti come non vitali, con un conseguente degrado della qualità della vita quotidiana.

Con il tempo le aree inutilizzate intorno ai campi sono diventate in un certo senso utili. Gli abitanti le hanno spesso trasformate a causa del loro bisogno di spazio. In queste aree improvvisate intorno ai
campi si svolge ogni tipo di attività; sono utilizzate in modo non organizzato e in base alle
necessità.

Anche i bambini non sono estranei a questa dinamica: sono anzi in prima linea, costantemente alla ricerca di spazi per giocare (le foto che seguono sono scatti di Wissam Chaaya, Architectural and
Interior Photography).

Screenshot 2021-06-11 at 15-31-39 Biennale Architettura 2021 Wissam Chaaya

La vivacità dei bambini dà vita a zone inutilizzate e le trasforma temporaneamente in parchi giochi, soddisfacendo le loro esigenze lontano da casa. Questi sono i Playscapes of Exile, i parchi giochi dell’esilio.

Quando Bruno Bettelheim indicava il bisogno di piccoli e adulti del “campo libero, ampio spazio
per giocare con le idee”, chissà come avrebbe commentato questa esperienza documentata dalla potenza narrativa delle immagini. Credo sarebbe rimasto in ‘religioso’ silenzio, così come sono rimasto io. Quando nemmeno le parole riuscirebbero ad aggiungere qualcosa al silenzio stesso.

Come vivremo insieme?

“Vivremo insieme mediati dall’empatia, perché riconosceremo che siamo sia ossa che carne, forme vuote,
vettori scorrevoli nel campo dei momenti, particelle dissidenti in uno sciame auto-organizzato: perché
eserciteremo l’attitudine esploratrice e curiosa, giocosa e senza pregiudizi”
(Pannello “Interactivity Phisical  Digital)

 

 

199816117_504401580869045_7654837570287447385_ndi Mario Cusmai,
MTa® Learning facilitator, Teacher di Yoga della Risata® e LEGO® SERIOUS PLAY ® facilitator, lavora presso l’INAPP su attività di ricer-ca finalizzate alla valorizzazione di metodologie didattiche focalizzate sul PlayfulLearning in contesti non formali e informali.