Toccare la bellezza attraverso il gioco

Toccare la bellezza attraverso il gioco

di Mario Cusmai

Un contributo, organizzato in due ‘puntate’, di una miniserie ‘pedagogiocosa’, che prende spunto dalla mostra “Toccare la bellezza. Maria Montessori Bruno Munari” allestita presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma, e fruibile fino al 22 febbraio 2022. Il filo rosso che unisce il pensiero e la pratica pedagogica di questi due Giganti della cultura italiana,
consiste nella ricerca del ‘senso perduto’, spesso dimenticato e messo ai margini negli ambienti educativi: il tatto. In particolare, nella prima puntata si introduce lo spazio espositivo della mostra, dando conto dei nuclei tematici di riferimento. Si contestualizza poi, attraverso note biografiche in pillole, la portata innovativa dei due Personaggi. Infine, si presentano le caratteristiche fondanti il metodo montessoriano con un focus sulla valenza pedagogica del gioco sensoriale che fa emergere il non visibile grazie alle mani, ‘ultima evoluzione della mente’, e il pluralismo
sensoriale di Munari espresso attraverso la progettazione e realizzazione di giochi e giocattoli, che consentono al bambino di interiorizzare un modello operativo di costruzione della conoscenza all’interno di un contesto giocoso.

 

“La mano è quell’organo fine e complicato nella sua struttura, che permette all’intelligenza non solo di manifestarsi,
ma di entrare in rapporti speciali con l’ambiente: l’uomo, si può dire, prende possesso dell’ambiente con la sua mano
e lo trasforma sulla guida dell’intelligenza, compiendo così la sua missione nel gran quadro dell’universo”.
(Maria Montessori)

“Qualcosa va detto anche a proposito dell’invenzione e della scoperta. Inventare vuol dire pensare a qualcosa che
prima non c’era. Scoprire vuol dire trovare qualcosa che prima non si conosceva ma che esisteva. Si può dire per
esempio che Galileo inventò il telescopio con il quale scoprì che Giove ha dei satelliti”.
(Bruno Munari )

“Morire cos’è? […] Mio fratello Felipe non morirà mai, perché vuole sempre giocare”.
(Bernard Friot, Il mio mondo a testa in giù)

lo spazio espositivo della mostra

È possibile percepire, riconoscere e apprezzare la bellezza anche tramite il tatto?


A questa e ad altre domande, che Heinz Von Foerster avrebbe definito come ‘legittime’, cerca di rispondere
lo spazio esplorativo di Touching Beauty. Dopo il successo riscontrato al Museo Tattile Statale Omero di
Ancona, giunge al Palazzo delle Esposizioni di Roma, “Toccare la bellezza. Maria Montessori Bruno
Munari”. L’esperienza capitalizzata, proprio dal Museo Omero in quasi 30 anni di vita, ha insegnato che, se i
ciechi possono sviluppare attraverso l’esplorazione tattile una fruizione dell’arte autentica e profonda, allora
anche le mani, non solo gli occhi, sanno trasformare ciò che toccano – come Re Mida – nell’oro di una
percezione estetica: gli oggetti diventano opere d’arte, l’interesse emozioni, lo stupore la gioia della bellezza.


Nel centenario del Manifesto del tattilismo di Filippo T. Marinetti, la mostra rimette al centro l’importanza
del toccare e il suo valore estetico ed educativo. Una preziosa occasione (e gratuita!), rivolta ad amiche e
amici di Roma e non, per conoscere meglio due tra i più illustri protagonisti della cultura italiana moderna,
riconosciuti e apprezzati in tutto il mondo e per la prima volta insieme in un’esposizione, attraverso il
pensiero pedagogico e i materiali di Maria Montessori e i progetti e i lavori originali di Bruno Munari. Partiti
da esperienze, formazioni e riflessioni differenti, trovano grazie all’esperienza estetica tattile un possibile
punto di incontro. L’allestimento si sviluppa intorno a cinque nuclei tematici: le forme, i materiali, la pelle
delle cose, alfabeti e narrazioni tattili, manipolare e interagire. Ogni sezione racconta il dialogo tra i due
protagonisti attraverso oggetti, libri, strumenti esposti su tavoli appositamente ideati e disegnati, le cui forme
sono in relazione con le opere a parete.

A conclusione del percorso, l’ultimo ‘tavolo laboratoriale’ permette ai visitatori di osservare, manipolare e sperimentare una selezione di opere e oggetti che approfondiranno,
ogni mese, aspetti e collegamenti diversi tra questi due Giganti. Una mostra dinamica che proietta un
pensiero per il futuro e la possibilità di poter tornare a vivere pienamente le esperienze tattili e
multisensoriali con una rinnovata consapevolezza. Tutto è a portata di mano, affinché si possa assorbire (la
mente assorbente per dirla con la Montessori) il concetto che la bellezza non è invisibile al tatto.

note biografiche in pillole

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Maria Montessori (1870-1952) è stata un’educatrice, pedagogista, filosofa, medico, neuropsichiatra infantile e scienziata italiana.

Conosciuta a livello internazionale per il metodo educativo che prende il suo nome, adottato in migliaia di scuole materne, elementari, medie e superiori in tutto il globo terrestre.

Bruno Munari (1907-1998) è stato uno dei massimi protagonisti dell’arte, del design e della grafica del ‘900. Ha dedicato la propria attività creativa alla continua sperimentazione, con un’attenzione particolare al mondo dei bambini e dei loro giochi.

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una narrazione plurisensoriale

“Tutti gli umani, al momento della nascita, sono forniti di un apparato plurisensoriale, per natura. Questo formidabile apparato viene usato moltissimo nei primi anni del bambino per conoscere e per memorizzare una grande quantità di dati che saranno poi utili, nell’età adulta, per ampliare la conoscenza della realtà che ci circonda. Col passare degli anni, gran parte di questo apparato viene atrofizzato perché l’individuo, per lo sviluppo della conoscenza, dà la prevalenza alla logica e alla letteratura. Occorre quindi attivare di nuovo questo apparato che ci fa conoscere scale di valori tattili, sonori, termici, materici, di durezza e di morbidezza, di ruvidità e di levigatezza, di impenetrabilità e di penetrabilità, di equilibrio e di staticità, di leggerezza e di pesantezza, di fragilità e di solidità, ecc. Tutti valori che, spiegati a parole, diventano argomenti complicatissimi e quasi incomprensibili. Il tatto, per esempio, è uno dei sensi che può far capire tante cose inspiegabili a parole. Esercitiamoci quindi a ritrovare questi strumenti di conoscenza immediata, diretta e completa”

Bruno Munari, settembre 1994

 

I nostri sensi ricordano le esperienze emotivamente coinvolgenti e le immagazzinano nelle nostre ‘memorie’,
grazie alla narrazione; quest’ultima interagisce in modo virtuoso con ognuno di essi: vista, udito, tatto,
olfatto e gusto hanno una struttura narrativa e sono in relazione con la memoria, che opera attraverso format
narrativi. Possiamo ad esempio individuare un gusto perché ci ricordiamo del suo sapore, come accade ad
Anton Ego, il critico di cucina più famoso di Parigi, quando assapora una rielaborazione della ratatouille: in
una scena dell’omonimo lungometraggio animato prodotto dalla Pixar (Ratatouille, appunto),
improvvisamente, attraverso un flashback, tornano alla mente di Ego i ricordi della sua infanzia, quando
mangiava la ratatouille preparata da sua madre.

E i sensi, con particolar riguardo al tatto, sono una componente significativa delle proposte pedagogico esperienziali di Maria Montessori e Bruno Munari. I materiali montessoriani sono tante punte di iceberg in cui gran parte della loro potenzialità non è visibile; costituiscono una misura verticale dove l’autonomia del bambino va progressivamente in profondità senza gerarchie.

I materiali si trasformano in occasioni di sviluppo grazie al gioco sensoriale che fa emergere anche
il non visibile: passa tutto per le mani che manipolano, scoprono, cercano, creano. Sono materiali accessibili,
perché accessibilità significa democrazia: riconosce l’esercizio di un diritto che appartiene a tuti gli esseri
umani. Il ‘midollo’ dei pezzi di legno custodisce il segreto della rigenerazione spirituale dell’essere umano e
la speranza di un’ecologia rivoluzionaria, connessa a quella ‘spiritualizzazione’ dei bisogni, che costituisce la
premessa, ormai non più procrastinabile, per un intreccio virtuoso tra i progetti umani e la natura.

Mani che imparano, mani che giocano

Il Metodo Montessori non si esaurisce nella presenza dei materiali, ma comprende alcuni cardini fondanti quali:

– Il prezioso ruolo del ‘facilitatore’: “Noi non insegniamo, il bambino non apprende. Noi dobbiamo
fornirgli i mezzi disviluppo, aspettare e osservare” (Montessori, 1997);
– Il valore del gruppo classe, che diviene “società per coesione”;
– La centralità del lavoro autonomo di bambine e bambini che sembrano dire “aiutami a fare da me”;
– La cura degli spazi e dell’ambiente, il rispetto dei silenzi e della variabile tempo nei percorsi di
apprendimento.

La pedagogista originaria di Chiaravalle costruisce un “armamentario” finalizzato a far fronte alle esigenze
di esplorazione dell’infanzia, che sottende un paradigma di apprendimento inteso come processo costruttivo
e inseparabile dall’agire esperienziale, unico e irripetibile sulla base delle specificità di ciascuno di noi. La
Montessori giunge a tale approccio anche grazie alle sue prime esperienze da neolaureata. Infatti, aveva
potuto osservare l’assenza di oggetti nelle fasi di crescita di bambine e bambini ricoverati in centri medici
‘speciali’; questa deprivazione aveva reso necessario, per la loro sopravvivenza, di giocare perfino con le
briciole di pane trovate sul pavimento. Maria vede oltre e si focalizza sulle mani che toccano, manipolano,
scoprono, cercano, creano: in una sola espressione, “che pensano”.

il "senso" del gioco secondo munari

Le azioni e le relazioni con gli oggetti, alimentate attraverso i sensi, contribuiscono ad aumentare le
connessioni sinaptiche. A proposito dei sensi, Munari era solito ricordarci che non erano solo cinque;
infatti ci faceva notare che esiste anche il senso riguardante il calore o la temperatura: il senso termico.
Filippo Marinetti parla di sensi nuovi non ancora precisati, come il senso delle spalle quando si percepisce la
distanza o la vicinanza delle persone senza ricorrere alla vista. Rudolph Steiner ne individua dodici; Gianni
Rodari nomina il senso del libro. E il sesto senso: chi lo ha mai sperimentato?

L’individuazione di questo ‘sesto senso’ dà conto di come questo artista poliedrico abbia fatto, per tutta la
sua traiettoria biografica, dell’esplorazione, della sperimentazione e dell’osservazione dei materiali il tratto
caratteristico. Questo interesse fu da lui sviluppato nel design didattico di giochi e giocattoli. Pensiamo alla
Scimmietta Zizì, progettata da Munari nel 1953. L’idea nasce dalla relazione tra due materiali differenti
come la gommapiuma e il filo di metallo. A partire dalle caratteristiche peculiari della gomma piuma,
Munari ne inventa un uso originale facendolo ‘dialogare’ con un semplice filo di metallo che diventa lo
‘scheletro’ del primo giocattolo animato. I bambini hanno modo di interagire con un giocattolo che è
trasformabile attraverso la loro azione e che rivela una relazione con la mobilità dell’animale stesso.

 

 

La riflessione sui giochi ci conduce alle “scatole gioco” che Munari realizza tra 1959 e il 1976, come ad
esempio Più o meno. Questa scatola contiene un gioco molto suggestivo, che contribuisce a sollecitare il
linguaggio, la fantasia e l’attitudine a costruire relazioni partendo da immagini che prendono forma
sovrapponendo o togliendo delle tessere che comprendono, su fondi trasparenti, dei disegni o porzioni di
disegni ‘più o meno’ complesse. Questo gioco è corredato anche da tessere dello stesso formato, ma
realizzate con la “carta da lucido da geometra”, un materiale che ci offre una sensazione come di nebbia e al
tatto sono percepite maggiormente ruvide. Inoltre, compongono il gioco svariati cartoncini – più spessi e più
duri – che hanno nello spazio centrale un foro di differenti dimensioni, dal più piccolo al più grande, con
contorno frastagliati tali da permettere, se sovrapposti, di creare un ‘effetto grotta’. Un gioco che non ci si
stanca mai di giocare e che consente d’inventare infinite storie, restituendo al bambino il piacere di essere lui
l’artefice del racconto: emerge la valenza pedagogica della narrazione come gioco trasformativo. Questo
aspetto non è per nulla banale, se si pensa che oggi bambine e bambini trovano le storie già confezionate e
pronte per l’uso, mortificando in questo modo la fantasia e la capacità di inventare. I giochi ideati da Munari
sono ‘infiniti’;
non sono strumenti a senso unico che prevedono una sola modalità di esecuzione, rispetto alla
quale il bambino è come invitato ad allenarsi per migliorare la ‘prestazione’. Le scatole di gioco, al contrario,
mettono insieme componente ludica e piacere della sperimentazione che favoriscono un’azione esplorativa di molteplici possibilità;
inoltre, consentono al bambino di interiorizzare un modello operativo di costruzione
della conoscenza che avviene in un contesto giocoso.

In analogia con la filosofia progettuale delle Macchine “inutili”, perché da esse non si ricavano beni di
consumo materiali. Utilissime, quindi, perché, spiegava Munari, producono beni di consumo spirituale
(immagini, senso estetico, educazione del gusto…). Come i giochi dei bambini!

 

di Mario Cusmai,
MTa® Learning facilitator, Teacher di Yoga della Risata® e LEGO® SERIOUS
PLAY ® facilitator, lavora presso l’INAPP su attività di ricer-ca
finalizzate alla valorizzazione di metodologie didattiche focalizzate
sul PlayfulLearning in contesti non formali e informali.