Rodari e il gioco fantastico della narrazione – II

Rodari e il gioco fantastico della narrazione – II

Il contributo assume le sembianze di una magica storia, una sorta di feuilleton, un romanzo a puntate (un ‘episodio’ a settimana) che intende condividere alcuni elementi riconducibili alla ‘lezione’ pedagogica di Gianni Rodari, esplicitando l’intreccio virtuoso tra narrazione e gioco, un binomio fantastico.

II puntata - Il piccolo Claudio e il vecchietto dagli occhiali d’oro

“Nessuno possiede la parola magica: dobbiamo cercarla tutti insieme, in tutte le lingue, con modestia, con passione, con sincerità, con fantasia; dobbiamo aiutare i bambini a cercarla, anche scrivendo storie che li facciano ridere: non c’è niente al mondo di più bello della risata di un bambino. E se un giorno tutti i bambini del mondo potranno ridere insieme, tutti, nessuno escluso, sarà un gran giorno, ammettetelo” 

(Gianni Rodari, discorso premio Andersen)

In una breve storia, pubblicata nel 1962 all’interno della raccolta Favole al telefono, Gianni Rodari racconta del piccolo Claudio che gioca sotto il portone di casa, mentre sulla strada passa un vecchietto dagli occhiali d’oro; la persona anziana cammina curva, appoggiandosi a un bastone, che gli cade proprio davanti il portone (Annalisa Buffardi, Futuri possibili. Formazione, innovazione, culture digitali, 2021). Il bambino prontamente lo raccoglie e lo porge al vecchio, che sorridendo, mentre si allontana, gli dice che può tenerlo. Claudio inizia a giocare con l’oggetto, che si trasforma e diventa narrante: gli oggetti si animano e contribuiscono a raccontare storie di gioco, in questo caso, attraverso la fantasia e l’immaginazione del bambino. I bambini imparano grazie allo spirito del gioco e all’ascolto incantato di storie (Peter Gray, Lasciateli giocare, 2015); e si raccontano storie mentre giocano… come accade a Claudio. Il piccolo batte il puntale a terra una-due-tre volte e poi inforca il bastone che, a sorpresa e nello stupore del bambino, si tramuta in un meraviglioso puledro con una stella bianca sulla fronte.

Claudio Rodari

Nel cortile, che si modifica anch’esso per accogliere strabilianti scenografie, il bastone si trasforma nuovamente e assume le sembianze di un cammello a due gobbe, di un’automobile da corsa rossa fiammante, di un motoscafo, di un’astronave. E così fino a sera, quando il vecchio dagli occhiali d’oro, torna sotto il portone. Il piccolo, arrossendo e forse un po’ triste, gli tende il ‘magico oggetto’ per restituirglielo, ma la persona anziana gli fa cenno di no: “Tienilo, tienilo. Che cosa me ne faccio, ormai, di un bastone? Tu ci puoi volare, io potrei solo appoggiarmi” (Rodari 1962, pp. 56-57). Le favole al telefono, una sorta di manuale per inventare storie, contengono “storie nate dallo scontro occasionale di due parole, storie costruite per ricalco, o per rovesciamento di altre storie, storie per giocare, storie ideate a partire da errori di ortografia […]” (Gianni Rodari). 

 

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