Come comanda Odino

Come comanda Odino

- diario di un papà giocoso -

Credo di aver fatto la battaglia di palle di neve più bella della mia vita.

Eravamo da soli in casa i bambini ed io e a un certo punto, non era tardi, ma fuori la luce del giorno era quasi completamente andata, e Sebastian (5) e Simona (2,5) si accorgono dalla finestra che ha smesso di nevicare e mi dicono “andiamo fuori!” e io istintivamente che penso dentro di me: “mamma, sai che freddo, poi è quasi buio…” però vedo la luce sui loro visi mentre propongono la cosa e il pensiero di papàstanco (sì, una parola, è un concetto vero e proprio) svanisce all’istante. Non ho fatto niente per farlo svanire, proprio è svanito, Lawrence Cohen avrebbe sorriso vedendomi. E allora andiamo giù a mettere tutti gli strati del caso… loro si infilano nelle loro “monotute da aviatore” – in Danimarca, dove viviamo, è un indumento comune, anche dei grandi – con passamontagna, guanti monodito un po’ grandi per le loro manine e gli stivali di gomma e io i pantaloni impermeabili e il giaccone imbottito giallo-rosso-blu degli anni ’80 e il mio fido cappello giallo.

In quelle tute lì non possono camminare bene e sembrano dei teletubbies che corrono comicamente, ma con la meraviglia negli occhi, fuori dalla porta nel quasibùio di un crepuscolo senza sole.

La neve fuori ha appena finito di posarsi ed è di un bianco ed un soffice che puoi sentirlo pure attraverso i guanti imbottiti.
Esco dalla porta e non vedo i miei due teletubbies, sono proprio spariti, né stranamente li sento gridare di gioia, nella neve ogni suono svanisce nei fiocchi, rifratto all’infinito dai cristalli. Poi vedo due tracce di piccole impronte che girano intorno alla grande casa – bianca anche lei – le seguo correndo ed ecco le due piccole anime luminose che lanciano palle di neve per vederle infrangersi sulla superficie del laghetto ghiacciato. Per un po’ facciamo quello, e io aiuto Simonetta a tenere le palle di neve con il guanto troppo grande e insieme le lanciamo oltre la rete di protezione.

Poi corriamo verso l’orto sepolto nel bianco e lì ci buttiamo a terra, ammassiamo neve soffice con le mani e le braccia e cominciamo a bombardarci a perdifiato. È quasi buio e solo le luci arancioni provenienti da tutte le finestre della lunga casa illuminano il giardino, ma siccome è tutto bianco c’è un bagliore soffuso e sospeso, magico. E Sebastian che corre di qua, e Simona che corre di là, e ridono come matti ogni volta che le mie grandi palle di neve si schiantano con un POFF sulle loro ingombranti tute impermeabili, ché probabilmente è una sensazione buffa all’udito e al tatto dal di dentro, perché seppure la battaglia la sto stravincendo io ridono tutto il tempo.

Corrono lontano per avere il tempo di fare piccole palle di neve senza che io riesca a colpirli e io continuo a lanciare queste palle a parabola da lontanissimo, non li colpisco ma gli fischiano al lato delle orecchie e ridono anche di quello.

Sebastian mi corre incontro a tutta foga ridendo istericamente per cercare di colpirmi con una palla che nel frattempo, nella sua corsa buffa e goffa, gli si sfalda tra le mani e diventa minuscola quando mi arriva davanti e me la lancia senza neanche curarsi davvero di colpirmi, al che lo colpisco io con una gigante delle mie… e lui scappa e ride…

Simona ride così tanto che neanche ci prova a fare le palle, con quei guanti poi non ci riuscirebbe comunque, e mi viene vicino e ogni volta che la colpisco va giù di peso rimanendo stesa schiena sulla neve e ridendo e non riuscendosi a rialzare, impacciata come una minuscola astronauta sulla luna, e ride e ride finché la rialzo di peso e corre via…
Cominciamo a lanciare palle alle finestre della casa e loro urlano ogni volta che riesco a beccarne una del secondo piano.

Andiamo avanti finché non è buio e siamo sfiniti e torniamo dentro.

Di solito non vado pazzo per le battaglie di palle neve, sento il freddo, non amo la neve che ti entra negli stivali e si mette proprio lì fredda sulle caviglie, mi lascio appesantire dal pensiero di cumuli di vestiti bagnati da far asciugare.
Ma lì, da solo con loro, e poi quasi al buio fuori – è raro che vada fuori al buio con loro, può succedere solo in questo scurissimo scandinavo periodo dell’anno – è stata una meraviglia. E quando li ho messi a letto erano così stanchi che alle 20.10 già dormivano tutti e due.

Eduardo diceva: “Questo Natale s’è presentato come comanda Iddio…”
Qui da noi s’è presentato così.

Felici Feste giocose! 😊 ❤️

 


  • Come comanda Odino: se Eduardo fosse stato un poeta vichingo nella Danimarca pre-cristiana, probabilmente l’avrebbe detta così.
  • Se i tuoi pensieri di papàstanco (o mammastanca) non svaniscono così facilmente, Lawrence Cohen ha molti consigli illuminanti al riguardo nel suo “Gioca con me. L’educazione giocosa: un nuovo entusiasmante modo di essere genitori”
  • Nella foto: Simona si accorge che la neve comincia a imbiancare tutto e forse non sa che tra qualche ora mi farà il più bel regalo di Natale che io possa ricevere.